Ha gli occhi lucidi e la mente che viaggia indietro nel tempo in un battibaleno. Specie quando si parla del “suo” Floridia e di una città che lasciò da giovane per cercare fortuna negli States. Oggi è tornato a casa anche se per poche settimane, quanto bastano a Nino Giarratana, classe ‘49, per “rivivere” il Floridia degli anni d’oro: “Quelli della vittoria in campionato in Serie D e storie di grandi amicizie e legami che restano immutati nel tempo”.

Correva tanto su quella fascia sinistra, proprio come il compagno di reparto, sponda opposta, che oggi gli siede accanto per una rimpatriata improvvisa. Nuccio Porchia prediligeva la corsa e oggi, di corsa, si è precipitato dall’amico che sta trascorrendo le vacanze dalle nostre parti dopo qualche anno di assenza: “C’è stato il Covid - dice Giarratana - e non sono potuto venire per qualche anno. Che bello qualche anno fa in piazza a Floridia. Abbiamo pianto tanto ricordando gli amici di un tempo e anche quelli che non ci sono più. Ci ritrovammo in America qualche anno fa per un viaggio promesso a chi, dopo la vittoria del campionato del Floridia a fine anni ‘60, non potette venire (Nino è stato l’artefice di questo nostro sogno, ricorda Porchia accanto, ndr). Ed è stato commovente”.

Proprio come oggi che Giarratana ricorda gli inizi di carriera (“ero piccolino e dalle mie parti in via Archimede giocavamo tutti a calcio…”), il lancio in prima squadra con il maestro Borgia e Chico Cacciavillani e tanti aneddoti legati a quegli anni: “Uno in particolare - dice - quando vincemmo il campionato. Era l’ultima partita, facemmo tanti gol a quell’avversario e in campionato avevano segnato tutti tranne io. Fecero in modo che andassi anche io a rete ma che fatica. Prima colsi il palo, poi ancora un altro legno. Sembrava che la palla non volesse entrare. Infine un doppio palo e poi la rete. Fu boato di tutti e una liberazione anche per me”.

Poi il viaggio-premio negli Stati Uniti dove “c’erano già dei miei familiari che mi aprirono un mondo nuovo tanto più che poi decisi di trasferirmi anche se i primi anni facevo cinque mesi a Floridia, giocando a calcio e gli altri in America dove giocai pure con squadre professionistiche. Poi un problema al ginocchio mi costrinse a smettere e da allora pensai solo al lavoro”. Prima come muratore con una azienda di famiglia, poi pian piano costruì il suo impero, le aziende edili nell’area metropolitana di New York e Hartford, colonia di concittadini Floridiani e canicattinesi (“sono ancora uno dei rappresentati dei circoli”) che oggi consentono di vivere in maniera più che dignitosa.

Ma il suo cuore batte ancora per Floridia: “Vorrei tanto che il calcio rinascesse così come il vecchio stadio Santuzzo. Ne parlerò col sindaco Carianni appena ci vedremo, se servirà una mano io ci sarò (“anche io ho già parlato con lui e faremo di tutto per far rinascere il calcio a Floridia”, gli sussurra Porchia) perché lì c’è tutta la mia infanzia. Tornare definitivamente un giorno? È difficile, mia moglie è americana così come i miei figli, ma mai dire mai”.

Anche solo per tornare a tirare quattro calci in un “Santuzzo” magari finalmente tirato a lucido…


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